Ipertensione - Amici del cuore

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L'ipertensione arteriosa è una condizione clinica caratterizzata dallo stabile innalzamento dei valori della pressione del sangue, con importanti ripercussioni sulla funzione di molti organi (cuore, cervello, reni). La diagnosi precoce ed il successivo trattamento possono evitare le complicanze di questa malattia.
La pressione arteriosa è la forza esercitata dal flusso di sangue contro le pareti delle arterie.
Essa oscilla ampiamente, può aumentare durante periodi di eccitazione, nervosismo o esercizio fisico, e può diminuire durante il sonno.
Contrariamente a quanto comunemente si creda, la pressione è più alta nelle prime ore del mattino (tra le 6:00 e le 10:00), rimane poi approssimativamente su questi valori durante il giorno e si riduce poi nel corso della sera.
I valori della pressione possono dunque variare, nel corso dell'intera giornata, anche in soggetti normali, ma anche di più in soggetti ipertesi non adeguatamente curati.
Quando e come misurare la pressione arteriosa
A differenza di altre malattie, l'ipertensione arteriosa può non causare alcun sintomo.
Molte persone possono quindi non rendersi conto di essere ipertese fino a quando non cominciano ad accusare i primi segni di danno cardiaco, cerebrale o renale.
E' necessario pertanto sottoporsi con regolarità alla misurazione della pressione arteriosa sin da giovani.
E' sbagliato difatti credere che l'ipertensione sia una malattia propria della terza età: nella maggioranza dei casi, infatti, l'aumento della pressione arteriosa insorge in persone di età compresa tra i 35 e i 50 anni; alcuni dei casi più gravi possono addirittura svilupparsi in età inferiori.
Il controllo dei valori pressori è un esame semplice, indolore, che non richiede più di 30 secondi.
Questi valori si esprimono con due numeri: il numero più alto rappresenta il valore sistolico (la cosiddetta pressione massima, ovvero quando il cuore si contrae ed espelle il sangue al suo esterno), mentre il più basso è il valore diastolico (o pressione minima, cioè quando il cuore si rilassa tra una contrazione e la successiva).
Il metodo ideale per misurare la pressione arteriosa è l'impiego di uno sfigmomanometro a mercurio.
Possono essere impiegati in alternativa gli apparecchi semiautomatici o automatici oggi disponibili in commercio per la automisurazione a casa, ma va sottolineato che l'accuratezza e l'affidabilità di questi strumenti andrebbe periodicamente verificata confrontandoli con i tradizionali apparecchi a mercurio.
E' importante sottolineare anche che una misurazione isolata della pressione arteriosa non può assolutamente consentire di diagnosticare o escludere la presenza di ipertensione arteriosa: sono indispensabili periodiche misurazioni.
Secondo quanto stabilito dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, la linea di confine tra "normotensione" ed "ipertensione" corrisponde a valori di pressione di 140/90 mm Hg.
Una persona si può considerare ipertesa quando i suoi valori di pressione sono costantemente più alti di tali valori, e il suo rischio di complicanze cardiovascolari aumenta proporzionalmente con l'aumentare della pressione al di sopra di questi livelli.
In altre parole, più alta è la pressione, maggiore è il rischio che si corre di un incidente cardiovascolare.
L'ipertensione può essere classificata come:
Lieve, se la pressione minima è compresa tra 90 e 105 mm Hg e/o la pressione massima è compresa tra 140 e 180 mm Hg.
Moderata - severa, quando si riscontrano valori pressori ancora superiori ai suddetti.
L'ipertensione sistolica è particolarmente frequente soprattutto negli anziani, ma è scorretto ritenere che col passare degli anni il corpo umano abbia bisogno di alti valori pressori per assicurare l'arrivo di sangue agli organi vitali. Un settantenne con una pressione di 140/90 mm Hg ha un futuro senz'altro migliore di un coetaneo con 170/90 mm Hg perchè è ormai documentato che a qualsiasi età, più è alta la pressione arteriosa, maggiore è la probabilità di ischemia cardiaca, ictus o insufficienza renale.
La cosiddetta "ipertensione da camice bianco" è una condizione nella quale la pressione è elevata in presenza di un medico ma ritorna normale non appena il soggetto si allontana dall'ambiente medico.
Normalmente questo viene semplicisticamente imputato alla reazione di allarme che si avrebbe in uno studio medico.
In verità, studi recenti mettono in dubbio che l'effetto "camice bianco" sia un fenomeno davvero innocente.
E' stato infatti dimostrato che i soggetti che mostrano una marcata differenza tra le misurazioni della pressione arteriosa eseguite in ambiente medico e quelle domiciliari possono comunque presentare un rischio cardiovascolare leggermente aumentato rispetto ai soggetti costantemente nella normalità.

CARDIOPATIA IPERTENSIVA
I muscoli di una persona si ingrossano dopo un costante esercizio fisico: così anche il muscolo cardiaco si ingrandisce se deve lavorare più del normale per pompare il sangue negli organi vitali del corpo.
Questo è esattamente quello che succede al cuore dei soggetti ipertesi non trattati.
L'aumentato carico di pressione può essere tollerato per anni, ma alla fine, quando il cuore si ispessisce troppo e si dilata, l'apporto di sangue fornito dalle arterie coronarie, che irrorano il cuore, diviene insufficiente, l'azione cardiaca perde di efficacia, meno sangue viene spinto in avanti verso il resto del corpo, sempre più sangue si accumula nei polmoni e il cuore non riesce a sostenere il circolo.
E' questa la situazione che i medici definiscono di scompenso cardiocircolatorio.
La pressione può però essere abbassata dilatando le piccole arterie ed al cuore viene così richiesto ad ogni contrazione un minor lavoro.
Dopo che i valori pressori si sono normalizzati e si sono mantenuti nella norma per almeno 1-2 anni, ci sono buone possibilità che il cuore ritorni verso le dimensioni originali e infatti lo scompenso cardiaco è una evenienza alquanto rara negli ipertesi che presentano un buon controllo dei livelli di pressione.
Se l'ipertensione non è tempestivamente diagnosticata o se non è adeguatamente curata, il flusso di sangue esercita una pressione progressivamente crescente sulle piccole arterie del cervello, dei reni e del resto del corpo e si possono verificare ulteriori danni.
ICTUS CEREBRALE
A livello cerebrale con l'aumento della pressione di verifica un danneggiamento delle pareti dei vasi sanguigni con successiva formazione di dilatazioni della parete (aneurismi). Questi sono molto piccoli ma, occasionalmente, si rompono improvvisamente causando un infarto emorragico del cervello, responsabile di morte o paralisi di una metà del corpo o della perdita di una funzione (ad esempio, l'uso della parola).
In alternativa, l'ictus cerebrale può essere causato dal progressivo restringimento di uno dei vasi cerebrali determinato, o quanto meno favorito, dalle conseguenze dell'ipertensione.

INSUFFICIENZA RENALE
A livello renale, elevati valori pressori possono causare un danno progressivo, mediante il restringimento e l'ispessimento delle arterie con conseguente riduzione della quantità di liquidi che il rene è in grado di filtrare.
Dal momento che la funzione dei reni è quella di eliminare con le urine i prodotti di scarto del nostro organismo, con la riduzione del filtrato renale si assiste ad un accumulo di tali scorie. Il risultato è l'insufficienza renale e l'insorgenza di una malattia chiamata uremia che può richiedere come trattamento ù la dialisi o il trapianto renale.
Si calcola che in circa il 25% dei pazienti in dialisi, l'insufficienza renale sia il risultato di una ipertensione arteriosa mal trattata.
Il precoce ed efficace trattamento dell'ipertensione può invece generalmente prevenire queste gravi complicanze. Inoltre, anche dopo che si è già verificato un danno dei vasi renali, l'iniziare una terapia contro l'ipertensione è in grado di ritardare l'ulteriore scadimento della funzione renale.

ATEROSCLEROSI
Altro aspetto di fondamentale importanza è che se la pressione arteriosa non è controllata, parte del grasso che normalmente circola nel nostro corpo, viene spinto con maggior rapidità nelle pareti delle arterie danneggiate, facilitando la formazione di placche (formate proprio dalla raccolta di materiale grasso).
Tale condizione viene chiamata aterosclerosi ed è comunemente considerata come un ispessimento delle arterie. Essa può manifestarsi con diverso grado di severità a carico di tutte le arterie del corpo.
Più elevata è la pressione arteriosa e maggiore è il tasso di grassi, soprattutto di colesterolo LDL, più rapido sarà il processo di aterosclerosi.

INFARTO MIOCARDICO
Se le arterie che riforniscono di sangue il cuore, le arterie coronarie, si restringono per l'accumulo di placche, il flusso ematico per le corrispondenti regioni cardiache si riduce causando un ridotto apporto di ossigeno al muscolo.
Quando una di queste arterie si chiude completamente vi è un arresto del flusso di sangue e le parti del cuore rifornite da quella arteria vanno incontro alla morte: è quanto succede durante l'infarto miocardico.
Con il progressivo invecchiamento, ogni persona subisce un certo grado di ispessimento delle arterie, anche se la pressione arteriosa è normale. I soggetti con ipertensione non diagnostica o non ben trattata, tuttavia, sviluppano l'aterosclerosi in modo più intenso e precoce e sono quindi ad aumentato rischio di infarto miocardico.
Quando si riscontrano per la prima volta elevati valori pressori, è d'obbligo sottoporsi ad una visita medica, ad un elettrocardiogramma, ad un esame delle urine e a un esame del sangue completo.
Questi accertamenti sono volti ad indagare i fattori di rischio, a determinare la natura primitiva o secondaria dell'ipertensione, e a identificare se sono già presenti i segni di danni ai vari organi causati dalla pressione elevata.
Anche se indispensabili solo in una parte di casi, è spesso utile per un iperteso sottoporsi a ulteriori esami diagnostici, quali l'ecocardiogramma e il monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa (Holter pressorio).
Attualmente si sa che l'ipertrofia cardiaca è un segno comune di ipertensione non complicata ed è un importante fattore di rischio indipendente di morte improvvisa e infarto miocardico. Anche se l'elettrocardiogramma è di qualche utilità, la diagnosi di ipertrofia può essere posta con accuratezza solo con l'ecocardiografia, che è in aggiunta in grado di fornire utili indicazioni anche circa il trattamento farmacologico più adatto ad ogni singolo caso.
Negli ultimi anni si è sempre più diffuso l'impiego dell'Holter pressorio, metodica che consente la misurazione automatica, in genere ogni 15 minuti di giorno e ogni 20-30 minuti nelle ore notturne, della pressione arteriosa per ben 24 ore. Ciò consente al medico di valutare con precisione il profilo nelle varie fasi della giornata, di definire l'influenza dell'attività fisica e dello stress emotivo sulla pressione arteriosa, e di esaminare l'efficacia nel tempo di una eventuale terapia antipertensiva.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha di recente riconosciuto che una serie di presidi non farmacologici sono raccomandati nella prevenzione primaria della ipertensione arteriosa e, almeno in una minoranza di casi, possono essere efficaci addirittura per ridurre la pressione nei pazienti con ipertensione arteriosa di lieve entità. Va però detto che le modifiche dello stile di vita sono spesso di difficile applicazione generale, che l'attenersi a queste raccomandazioni viene spesso meno nel tempo, e che manca ancora una netta dimostrazione che gli interventi non farmacologici siano in grado di ridurre l'incidenza di complicanze cardiovascolari causate dall'ipertensione arteriosa. Ciononostante, vale sempre la pena tentare di ridurre la pressione arteriosa modificando lo stile di vita prima di iniziare una terapia farmacologica quanto meno nei pazienti con ipertensione lieve, qualora non siano presenti altri fattori di rischio cardiovascolare e non siano già presenti segni clinici di danno prodotto dall'ipertensione sui vari organi dell'organismo.

Riduzione del peso corporeo
Il dimagrire, quando appropriato, è probabilmente il miglior trattamento non farmacologico dell'ipertensione. Infatti, anche piccole riduzioni di peso possono ridurre in alcune persone la pressione arteriosa. Per dimagrire, ovviamente, è necessario assumere meno calorie di quante se ne consumano, quindi o si riduce la quantità di cibo assunto quotidianamente o si aumenta il livello di attività fisica, o tutte e due le cose.

Riduzione del consumo di alcool
Un occasionale consumo di alcool non è dannoso per i soggetti ipertesi. Bisogna però ricordare, soprattutto per le persone in sovrappeso, che l'alcool è una sostanza ricca di calorie, per cui si raccomanda attualmente di limitarne il consumo a non più di 20-30 grammi di etanolo al giorno.

Esercizio fisico regolare, non pesante, nei soggetti sedentari
Qualsiasi esercizio fisico è indicato specie se praticato per almeno 30-40 minuti 3 o 4 volte la settimana. In base alle preferenze personali si può fare una corsa leggera, lunghe passeggiate, nuotare, andare in bicicletta o in cyclette. L'importante è non impegnarsi in modo competitivo, atteggiamento che può rivelarsi pericolo perchè si associa in genere, anche nei soggetti normali, a bruschi e consistenti aumenti dei valori pressori. Gli esercizi dinamici (aerobici) sono più indicati di quelli isometrici, tipo sollevamento pesi. Questi ultimi, infatti, servono per sviluppare i muscoli, ma non riducono la pressione arteriosa e non fanno quindi vivere più a lungo.

Limitazione dell'assunzione di sale fino a 5 grammi al giorno
A tal fine è opportuno usare poco o nulla il sale sia nella preparazione dei cibi che a tavola, nonchè evitare i cibi che sono conservati sotto sale o che ne sono comunque ricchi. Tra i cibi che per l'alto contenuto in sale dovrebbero essere evitati dai soggetti ipertesi vi sono le patatine fritte, i crackers, i biscotti, le olive, gli affettati, le salcicce, la carne o il pesce affumicato, le sardine, molti tipi di formaggio, e molti degli alimenti disponibili nei fast-foods.
Numerose classi di farmaci possono essere impiegate per il trattamento dell'ipertensione arteriosa.
Generalmente, i farmaci impiegati appartengono ad una delle seguenti classi:
diuretici
beta-bloccanti
ACE-inibitori
calcio-antagonisti
alfa-bloccanti.
La riduzione media della pressione arteriosa ottenibile con ciascuna delle differenti categorie di farmaci è simile, ma è quasi la regola riscontrare grandi differenze di risposta nel singolo paziente.
Pertanto, la scelta di una determinata classe di farmaci antipertensivi piuttosto che un'altra per un paziente è un processo complesso, che richiede la massima collaborazione del soggetto iperteso, il quale deve aiutare il medico a prescrivere il farmaco in grado di assicurare i maggiori benefici al prezzo dei minori effetti collaterali.
Il paziente iperteso deve collaborare con il medico al fine di raggiungere e mantenere nel tempo i valori prefissati per la pressione massima e minima. Durante i primi tempi di assunzione di ogni nuova terapia antipertensiva, i pazienti devono essere controllati a intervalli regolari e ravvicinati fino a che i valori pressori non saranno chiaramente normalizzati. Successivamente, possono essere sufficienti controlli medici trimestrali o semestrali, a condizione che il paziente iperteso controlli di frequente, anche autonomamente, i valori pressori. A seconda del farmaco utilizzato come antipertensivo, si devono eseguire ad intervalli prestabiliti esami diagnostici, quali l'esame del sangue (soprattutto nel caso di terapia con ACE-inibitori) e/o l'elettrocardiogramma (soprattutto se si assume un farmaco beta-bloccante).

 
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